giovedì 22 marzo 2018

Intro



“La mia amica Bianca” è una favola, che intende comunicare ai bambini (ma non solo) il profondo significato del “fare politica”.  La politica intesa come strumento per risolvere i problemi delle cittadine e dei cittadini,  e non come mezzo per curare i propri interessi personali, o quelli del proprio gruppo di appartenenza.  

Purtroppo viviamo in un periodo in cui la politica non sempre risolve i problemi, ma si  trasforma essa stessa in un problema per la cittadinanza. Soprattutto per questo, le persone soffrono una forte sfiducia nei confronti di essa.  

Nella favola “La mia amica Bianca” alcuni bambini, sapientemente istruiti da una Gabbianella, imparano ad accantonare l’individualismo per apprendere il senso autentico della solidarietà collettiva, ovvero “fare politica” onestamente,  con l’unico obiettivo di fare il bene dei cittadini nella fantastica città di Panada.

Premessa



In una mattina di primavera, mentre scrutavo l'orizzonte, decisi di cominciare il mio racconto: la storia di un bambino di nome Sandrino. Fantasticando si è accesa la voglia di raccontare il mio pensiero, stanco di delegare il mio futuro e le mie fantasie alle solite persone ormai fin troppo conosciute.

Il mio amico Sandrino, un giorno, si affacciò al balcone della sua cameretta, conoscendo così una magica ed insolita Gabbianella di mare di nome Bianca. Grazie a questa nuova e curiosa amicizia, il mio giovane amico raggiunse una speciale maturità che gli consentì di vivere pienamente la vita, combattendo in prima persona le battaglie tanto sue quanto degli abitanti di “Panada”, il paese in cui è cresciuto.

Piccoli e spesso futili problemi comuni nella stragrande maggioranza dei paesi della nostra isola, ma non solo. Cambiano i luoghi, gli usi e le persone ma i problemi sono sempre gli stessi. Grazie a Sandrino e Bianca è emersa quella voglia, in prima persona, di mettersi in gioco. Cercare di risolvere l'irrisolvibile, impegnandosi con la convinzione che col dialogo ed i buoni propositi, uniti ad un pizzico di fantasia, tutto è possibile. Nella nostra Panada con Sandrino e Bianca abbiamo incontrato Chiara, mamma del piccolo Paolo, in difficoltà perché non poteva pagare la costosa mensa della scuola primaria. Conseguenza di una scelta impopolare degli inquilini del Grigio Palazzo.

Abbiamo conosciuto Carlotta di appena sei anni, triste perché convinta che i suoi compagni di classe non potessero partecipare alla gita perché il papà, non avendo un lavoro stabile, non poteva permettersi la quota d’iscrizione. I viaggi di Bianca vanno oltre i confini di Panada per raggiungere la città di Ecologia (una città quasi perfetta), inoltre conoscono Paolo, cittadino di Capitalia, rimasto senza lavoro e disperato, perché non sa come rendere felice la sua piccola Giada e la moglie Anna.

Paolo raccontò alla piccola Gabbianella che a Capitalia (capitale della Nazione), tanti anni fa tutti i cittadini erano felici, perché avevano un lavoro dignitoso. Si passeggiava per strade poco trafficate, con la storica 500 e la lambretta. La sera la famiglia riunita guardava Carosello con la vecchia TV.

Durante la settimana i bambini andavano a scuola con l’abbecedario, e con l’arrivo dell’estate trascorrevano al Lido giornate allegre e spensierate. Le persone erano felici perché avevano lavoro e dignità, ma un brutto giorno tutto questo scomparve. Cominciarono i licenziamenti, i capitali e le fabbriche furono trasferite lontano da Capitalia. Tutti smisero di contribuire alla spesa pubblica della città, ed i governatori iniziarono ad eliminare i servizi più importanti. Sempre a litigare su come aiutare chi già non aveva stenti nella vita, e mai a cercare soluzioni per i lavoratori e le loro famiglie.

Dopo aver ascoltato il triste signore, la nostra amica Bianca riesce a ridargli il sorriso e la dignità, dando una sonora lezione ai 630 governatori della stanza d’argento, ed ai 315 della stanza d’oro, del palazzo governativo collocato al centro della piazza più importante. Il lungo viaggio si conclude con la nostra amica Bianca che ritorna a Panada, dove ritrova il suo caro amico cresciuto e circondato da amici e amiche. Insieme decidono di dare una svolta alla loro vita ed a quella del loro paese diventando, in prima persona, parte attiva nelle decisioni. Un ringraziamento alla cara Stefy, che coi suoi buoni consigli ha contribuito ad alimentare la fiamma.


Buon viaggio cara Bianca, ovunque tu sia.



Bianca, la favolosa Gabbianella



In un paese vicino, tanto tempo fa, viveva un bambino di nome Sandrino.  Sandrino era nato con una malformazione alle gambe che lo costringeva su una piccola sedia a rotelle colorata. Questo piccolo paese si chiamava Panada. Il nome era stato dato dagli abitanti, che di generazione in generazione si tramandavano la preparazione di un tipico piatto a base di pane, con dentro carne, pesce, patate e tanti condimenti che lo rendevano speciale. Il povero Sandrino era sempre triste, perché nel suo paese aveva tanti amici che giocavano, ma lui non poteva a causa della sua malattia. In una mattina di primavera, mentre scrutava l’orizzonte dal balconcino della sua cameretta, Sandrino vide un uccellino svolazzare nel giardino di casa.

«Vieni qui mio piccolo uccellino!» Gridò il bambino, «vieni a farmi un po’ di compagnia, io sono sempre solo!»
L’uccellino volando elegantemente si poggiò su un vaso di rose rosse, che ornava il balcone del bambino.
«Caro bambino io sono una Gabbianella e mi chiamo Bianca e tu, piccino, come ti chiami?»
«Ma tu parli!» Esclamò il bambino. «Io mi chiamo Sandrino ed ho otto anni!»

«Caro amico», rispose la Gabbianella. «Sono venuta da te perché ho udito la tua tristezza. Io sono qui per realizzare i tuoi desideri e per renderti più felice. Dimmi mio dolce piccino, cosa ti affligge così tanto alla tua tenera età?»
«Piccola Bianca, devi sapere che questo paese è diviso in due dalla ferrovia. Mi piacerebbe tanto andare dall’altra parte di Panada, ma non posso. Nella stagione delle piogge i sottopassaggi sono sempre allagati e malandati; come posso fare?»


mercoledì 21 marzo 2018

Un miracolo inatteso



La piccola Gabbianella amava viaggiare e decise di attraversare il mare, richiamata dalla tristezza che arrivava da una grande città oltre il Mar dei Sogni. Questo mare era esteso e ci mise due giorni per attraversarlo. Stanca ed affamata trascorse la prima notte in un piccolo isolotto abitato da pellicani e gabbiani. La mattina, all’alba, ricominciò il suo viaggio verso la città.

Quando vi arrivò rimase incantata dalla sua bellezza. Capitalia fu fondata da due bambini che, rimasti orfani, furono allevati da una grande lupa. Diventati uomini costruirono sopra sette colli la città, che divenne la capitale del mondo a quei tempi conosciuto.  Stanca del lungo viaggio Bianca si appoggiò ad una piccola panchina, dove stava seduto un uomo dall’aspetto triste ed afflitto.

«Buon uomo, perché sei qui tutto solo?» Chiese la Gabbianella.
L’uomo, spaesato e stupefatto per aver udito l’uccellino parlare, rispose: «Sono qui tutto solo perché sto pensando a come rendere felici la mia piccola Giada e mia moglie Anna.»
«Io mi chiamo Bianca e sono arrivata attraversando il Mar dei Sogni, per realizzare i tuoi desideri e per renderti più felice. Qual è il tuo nome buon uomo?»
«Mi chiamo Paolo, ma veramente puoi risolvere tutti i miei problemi?»
«Ci proverò» rispose la Gabbianella, «raccontami...»

Paolo cominciò a raccontare la storia di Capitalia, capitale di tutta la Nazione. Spiegò che tanti prima i cittadini erano felici perché avevano un lavoro dignitoso. Si girava per le strade poco trafficate con l’amata 500 e la lambretta poi, quando arrivava la sera, la famiglia riunita guardava Carosello con la vecchia TV. Durante la settimana tutti i bambini andavano a scuola con l’abbecedario e con l’arrivo dell’estate trascorrevano al Lido giornate allegre e spensierate. 

Erano felici perché tutti avevano un lavoro dignitoso, ma un brutto giorno i padroni delle loro fabbriche decisero di strappargliela. Cominciarono a licenziare i dipendenti, a trasferire i loro capitali e le fabbriche lontano da Capitalia. Smisero di contribuire alla spesa pubblica della città ed i governatori iniziarono a tagliare i servizi più importanti.

La bambina che piange


Bianca amava tanto viaggiare e, durante il suo rientro verso casa, udì il richiamo disperato di una bambina, abitante di Panada proprio come il nostro Sandrino, e decise di soccorrere la piccola. Trasportata dal fresco vento primaverile arrivò nella campagna di Panada. Qui sorgeva un piccolo agglomerato di case sparse qua e là, con al centro una piccola casa con tegole rosse e pareti azzurre con sprazzi di bianco, circondata da un giardino abbellito con rose di ogni colore e mandorli in fiore.

Nel secondo piano della casa si notava una luce soffusa che arrivava da una piccola finestra. Bianca si appoggiò su un vaso di margherite che ornava il balcone della casa, e vide una bimba coi capelli lunghi e rossi che, sdraiata sul suo piccolo letto, piangeva a dirotto, stringendo sul suo visino un lembo di un lenzuolo rosa con disegnati dei piccoli cuori rossi.

Toc-Toc. Bussò la Gabbianella col suo piccolo becco. La bambina, udito il colpetto sulla finestra, vide l’uccellino che insisteva a picchiettare delicatamente, dunque si avvicinò ed aprì incuriosita.
«Piccola perché piangi?» Domandò la Gabbianella.

«Ma tu parli!»
«Sì! Sono una Gabbianella speciale di nome Bianca, sono venuta da te perché ho udito nell’aria, trasportata dalla primavera, la tua tristezza. Io sono qui per realizzare i tuoi desideri e per renderti più felice. Dimmi mia dolce piccina, cosa ti affligge tanto?»
«Io mi chiamo Carlotta ed ho sei anni.  Sto piangendo perché, per colpa mia, i miei compagni di scuola non potranno andare in gita alla fattoria per vedere gli animali.»

«Perché per colpa tua?» Domandò Bianca.
«I miei genitori non hanno i soldi per farmi fare la gita, il mio papà non ha un lavoro e quei pochi soldi che guadagna ci servono per pagare la casa, le richieste del Signore del Grigio Palazzo e per mangiare. Vorrei sparire, non essere più abitante di Panada, perché solamente in questo modo i miei compagni potranno finalmente andare in gita.»

«No No! No! Cara Carlotta, non dire così. Se c’è questo problema nella tua scuola la colpa non è tua, ma dei grandi.»
«No! Per colpa mia non può andare nessuno, ed io vorrei soltanto sparire.»
«Carlotta, il problema non sei tu» rispose Bianca avvilita e dispiaciuta per la situazione. «La scuola deve essere accessibile a tutti senza discriminazioni e distinzioni tra bambini. Andiamo vieni con me!»

Come per magia, volò con Carlotta, ed attraversando il paese, arrivarono al Grigio Palazzo di Panada circondato da un giardino curato da Luigi il giardiniere.  «Buon giorno Luigi!» Esclamò sorridendo la Gabbianella, «ti ricordi di me, ci siamo incontrati tanto tempo fa, ero in compagnia di una giovane mamma di nome Chiara.»

«Sì, mi ricordo di te mio piccolo uccellino. È un piacere poterti rivedere. In cosa posso servirti amica mia?»
«Caro Luigi, ti chiedo umilmente di accompagnare me e la mia piccola amica dal Signore del Grigio Palazzo.»
«Seguitemi, vi accompagnerò io» rispose il giardiniere.
Entrati nel lungo corridoio, dove alla fine si trovava il grande portone in legno, Luigi bussò due volte ed annunciò la visita al Signore del Grigio Palazzo.

Entrati in una grande sala circolare, con al centro un lungo tavolo in mogano circondato da grandi sedie in legno anticato, riconobbe subito il padrone di casa.


Il ritorno della Gabbianella



Bianca viaggiava ed ascoltava i lamenti di tutti i bisognosi, e durante il suo viaggio fu richiamata dalla tristezza di tante famiglie di Panada, il paese del nostro piccolo Sandrino, già aiutato dalla nostra Gabbianella. Arrivata a Panada, Bianca si fermò sul tetto di una casa abitata da una coppia di Panadesi, genitori di un bimbo di cinque anni di nome Paolo.

I due giovani genitori erano tristi, perché gli inquilini del Grigio Palazzo avevano deciso, di comune accordo, l’aumento dei pasti delle scuole primarie. Entrata da una piccola finestra, Bianca chiese alla donna il suo nome.

«Caro uccellino mi chiamo Chiara, e sono la mamma del piccolo Paolo.»
«Dolce e giovane mamma» rispose la Gabbianella, «io mi chiamo Bianca, sono venuta da te perché ho udito nell’aria, trasportata dalla brezza marina, la tua richiesta di aiuto. Io sono qui per realizzare i tuoi desideri e per renderti più felice. Dimmi mia dolce amica, come posso aiutarti?»

«Piccola Bianca, devi sapere che a Panada gli inquilini del Grigio Palazzo hanno deciso di eliminare le fasce di reddito aumentando, in modo insostenibile, il prezzo dei buoni pasto per la scuola primaria. Noi abbiamo un unico reddito e mio marito, Stefano, non ha un lavoro stabile.»

La Gabbianella guardò la donna e gli disse: «Cara Chiara, capisco il tuo dramma perché tante famiglie di Panada si trovano nella tua stessa situazione. Cercherò di mediare col Signore del Grigio Palazzo, in cerca di una soluzione che possa accontentare tutti.» «Grazie Gabbianella» esclamò Chiara, «spero tanto nella riuscita della tua impresa.»
Bianca volò con Chiara ed arrivarono al Grigio Palazzo che si trovava nel centro del paese, circondato da un giardino curato dal giardiniere Luigi. 

«Buon giorno buon uomo» disse la Gabbianella, «Io sono Bianca, vi chiedo umilmente di accompagnarmi dal Signore del palazzo.»
«Amica mia», rispose il giardiniere, «io mi chiamo Luigi, il padrone di casa si trova all’interno, seguitemi, vi accompagnerò io.»
Entrati in un corridoio che si concludeva con una porta in legno, Luigi bussò due volte e annunciò la visita di Bianca e della giovane mamma.


martedì 20 marzo 2018

Dove sei mia cara Bianca?



Hai preso il volo e sei partita come mi avevi preannunciato giorni fa, chiamata dalle richieste di altre persone bisognose. Piccola gabbianella... mi manchi tanto, ricordo le spensierate giornate trascorse nel nostro giardino di rose rosse, dove mi raccontavi dei tuoi lunghi viaggi.

Pomeriggi trascorsi vicino al mare, accompagnati dalla musica del maestrale. Una risacca leggera e spumeggiante che s’infrangeva sugli scogli dove i granchi giocavano tra di loro. Come dimenticare la nostra immagine, felici ad osservare l’orizzonte, col mare increspato dalle onde che si scontra col cielo azzurro ricoperto da nuvole dalle mille forme?

Ricordi, o mia cara amica, spesso mi portavo la mia canna da pesca e tu giravi intorno al cimino, facendo suonare la piccola campanella arrugginita. Quante giornate trascorse a riflettere sulle nostre speranze ed aspettative. Dove sei mia piccola Gabbianella? Mi mancano i tuoi consigli, specialmente in questo momento. Sapevo qual era il tuo compito e tu, mia cara Bianca, l’hai portato a compimento.

Sei venuta qui a Panada richiamata dalle mie richieste di aiuto; ma solo ora capisco qual era la tua missione. Mi hai regalato quell’emozione che avevo nascosto nel cuore, hai acceso dentro di me quella fiamma vitale che non avevo mai alimentato. Grazie a te ho cominciato a parlare con quelle persone che prima non ascoltavo, forse perché accecato dalla quotidianità della vita. Poi ho iniziato ad arrabbiarmi per quello che accadeva a Capitalia e Panada, ed il destino mi ha individuato, facendomi conoscere tanti amici che hanno voglia di lottare.

Con loro ho iniziato a trasmettere, a modo mio, quella speranza che da anni mancava ai miei concittadini e, tra mille difficoltà e pregiudizi, ho iniziato a dire la mia opinione senza timore. Non sono abituato a parlare col prossimo perché spesso mi emoziono, e sopraffatto dalla passione mi manca il fiato: è come se mi mancasse di colpo il respiro. Ancora ricordo quando, per la prima volta, mi sono rivolto al pubblico. Ho trascorso il tempo ad ascoltare, infine, mi sono alzato senza pensarci due volte ed ho detto quello che pensavo: una liberazione!


Intro

“La mia amica Bianca” è una favola, che intende comunicare ai bambini (ma non solo) il profondo significato del “fare politica”.   La ...